28 feb 2022

I MUTAMENTI FONDAMENTALI NEL RAPPORTO DEGLI UMANI CON LA SELEZIONE NATURALE, NEL TEMPO PROFONDO

di Ugo Di Girolamo

Il volto ricostruito di una coppia di Erectus
Il volto ricostruito di un Erectus

Abstract
All’apparire di un nuovo genere di Primati, 2,8 milioni di anni fa, la selezione naturale assegna loro una posizione intermedia nella catena alimentare. L’Habilis, la prima specie del nuovo genere Homo, è un piccolo onnivoro, alto da 1,10 a 1,40 mt. e dal peso di 30-40 kg, che si nutre di vegetali, tuberi, piccoli animaletti che riesce ad afferrare con le mani, ma anche di pezzetti di carne, midollo e cervello di grossi animali abbattuti, spolpati e abbandonati dai grandi predatori. Ma allo stesso tempo è oggetto di una caccia spietata da parte dei grandi felini, verso i quali ha un’unica difesa: scappare sulle cime degli alberi. Ha, quindi, una posizione intermedia nella catena alimentare.
1,9 milioni di anni fa una nuova specie del genere Homo, l’Ergaster, “domestica” il fuoco. Con esso riesce a difendersi efficacemente dai grandi felini, modificando, in questo modo, la sua posizione nella catena alimentare; come i grandi predatori, con i quali è in conflitto permanente, si pone al top della catena alimentare.
Con la rivoluzione del fuoco gli umani alterano uno degli aspetti fondamentali della selezione naturale, quello relativo alla competizione interspecifica per le risorse, finendo con il prevalere su tutte le altre specie animali.
Gli effetti, nel rapporto con la selezione naturale, delle altre tre rivoluzioni: agricola, industriale e delle biotecnologie saranno esaminati in prossimi articoli.


Premessa

            Erwin Schrödinger, fisico teorico e filosofo della scienza, premio Nobel per le sue ricerche fondamentali sulla fisica dei quanti, in un articolo del 1950, poi riportato in un saggio pubblicato nel 1958[1], al capitolo 11 “Il futuro dell’intelligenza umana”, si poneva due interrogativi tra loro interconnessi:

1 – Il Sapiens ha raggiunto il suo genotipo stabile, come molte altre specie o è suscettibile di ulteriore evoluzione fisica?

2 – Siamo solo soggetti passivi della Selezione Naturale o è possibile in una qualche misura orientare il corso dell’evoluzione?

    Oggi nessun evoluzionista, biologo o filosofo che sia, sarebbe disposto a condividere le argomentazioni e le conclusioni di Schrödinger. Tuttavia, la domanda se la produzione culturale degli umani possa avere rilevanza sui meccanismi della selezione naturale, resta.

    Ed è a questa domanda che proveremo a dare una risposta. Nella lunga storia del genere Homo, dal suo apparire 2,8 milioni di anni fa ad oggi, il rapporto degli umani con la selezione naturale è sostanzialmente mutato in occasione delle tre rivoluzioni che ne hanno modificato radicalmente il modo di vita, l’organizzazione economica e sociale.

    Le tre rivoluzioni cui facciamo riferimento sono: fuoco – agricoltura – industria. Ma ce n’è una quarta, che è appena cominciata, quella dell’Intelligenza Artificiale e delle Biotecnologie, che potenzialmente potrebbe addirittura rovesciare il rapporto di subordinazione che ha sino ad ora caratterizzato il genere Homo, come tutte le altre specie, funghi batteri e virus inclusi, rispetto al meccanismo selettivo.


La selezione naturale

    Prima di entrare nel merito di come il rapporto umani - selezione naturale è cambiato nel corso delle rivoluzioni citate, è opportuno cercare di capire cos’è nella sua essenza la selezione naturale.

    Due sono i meccanismi fondamentali, tra loro interconnessi, che regolano i viventi: la selezione naturale e la catena alimentare.

1° -  La Selezione Naturale è, in ultima analisi, un meccanismo che consente l’evoluzione delle specie composta da sei diversi aspetti che insieme producono un risultato.

  1. Variabilità - l’evoluzione procede a partire da organismi singolarmente diversi l’uno dall’altro all’interno di una specie;
  2. Ereditarietà - il genoma dei genitori si trasmette ai figli;
  3. Mutazioni Casuali - nella trasmissione genitoriale dei geni avvengono mutazioni casuali;
  4. Insufficienza delle risorse - la carenza di risorse fa sì che non tutti gli organismi nati possano sopravvivere;
  5. Competizione per le risorse - la competizione si sviluppa sia tra gli individui della stessa specie che con le altre specie, in un particolare ecosistema;
  6. Differenziale riproduttivo - alcune mutazioni casuali, in un determinato habitat, danno un vantaggio riproduttivo a chi ne è portatore. I cambiamenti climatici, nel determinare la variabilità degli habitat, giocano quindi un ruolo fondamentale.

Il risultato dell’azione combinata di questi sei punti è la sopravvivenza differenziale dei portatori della mutazione positiva e questo avvia il processo evolutivo[2].

Questo meccanismo -  detto selezione naturale -  “….filtra gradualmente gli organismi più adatti e permette alle specie di trasformarsi in funzione delle modificazioni dell’ambiente oppure di diversificarsi in due o più specie figlie….Alcune specie si estingueranno, quando non sono più in grado di adeguarsi ai cambiamenti ambientali, ma in generale nell’albero della vita la diversità tenderà a crescere progressivamente, dando origine a forme sempre più adatte e diversificate che satureranno lo spazio ecologico disponibile.”[3]

La selezione è attiva su più livelli. Già Darwin ne “L’origine delle specie” parlava di selezione sessuale[4] e ricordava “….che la selezione può essere applicata alla famiglia oltre che all’individuo.[5]

Per Edward O. Wilson “La selezione naturale agisce allo stesso tempo al livello del gruppo, influenzando l’efficacia delle prestazioni di ciascun gruppo rispetto a quelle degli altri gruppi.”[6] In altre parole nelle specie sociali il gruppo più efficiente, di una determinata specie, dà ai suoi membri un vantaggio riproduttivo.

- La Catena Alimentare. Connessa al meccanismo della selezione naturale, in particolare all’insufficienza delle risorse e alla competizione per le stesse, vi è la catena alimentare, vale a dire i modi attraverso i quali le specie assumono l’energia della quale hanno bisogno per vivere. Maynard Smith nella sua “Teoria dell’evoluzione” fa un esempio teorico di come l’attività predatoria, di una specie verso un’altra (catena alimentare), influenzi la selezione naturale della specie predata. Nello stesso testo, al capitolo 10, esamina esempi reali di cambiamenti indotti dalla predazione interspecifica.[7] L’arrivo poi di una nuova specie in un determinato ecosistema, proveniente da altro areale, può alterarlo influenzando la catena alimentare.

Nel descrivere questo meccanismo, per un’economia del discorso, limitiamoci agli ecosistemi terrestri, sorvolando su quelli acquatici, comunque simili.

Per ogni ecosistema esiste una specifica catena alimentare, ma tutte hanno un preciso ordine:

  1. Produttori - vale a dire i vegetali che grazie all’energia solare trasformano i minerali dell’ambiente fisico in sostanza organica;
  1. Erbivori - animali che mangiano i vegetali;
  2. Onnivori - che mangiano sia vegetali che altri animali;
  3. Carnivori - che mangiano la carne di altre specie animali e a volte di cospecifici;
  4. Decompositori - generalmente batteri che decompongono i resti animali e vegetali rimineralizzando la sostanza organica che poi viene riutilizzata dai vegetali.

Questo schema, estremamente semplificato, fa sì che ogni individuo di una specie animale o vegetale, finisca con l’essere cibo per altre specie e a volte anche dei cospecifici. 

La Treccani definisce la catena alimentare come “complesso di organismi di un ecosistema che dipendono l’uno dall’altro per il nutrimento”, ma l’essenza di questa “dipendenza” altro non è che il mangiarsi l’uno con l’altro e – per dirla con Leopardi – questa è la Natura.

Una posizione intermedia nella catena alimentare

L’evoluzione non ha avuto alcun particolare riguardo per la nostra specie la quale, come tutte le altre, non può essere citata a testimoniare altro se non la sua presenza del tutto casuale sulla terra.[8]

L’Habilis.     Una mandibola di Homo Habilis, trovata nel 2015 nel sito etiopico di Ledi Geraru, è stata datata 2,8 milioni di anni fa. È il più antico ritrovamento di questa nuova specie che apriva la linea evolutiva del genere Homo. Tuttavia, questa data non è da considerarsi definitiva, potrebbero esserci nuovi e più antichi ritrovamenti, inoltre nei pressi del lago Turkana in Kenya è stata ritrovata, nel sito Lomekwi 3, una industria litica di tecnologia Olduvaiana, non associata a resti ossei, datata 3,3 milioni di anni fa. A questo punto due sono le ipotesi o l’Habilis è molto più antico di quanto fino ad ora accertato oppure la fabbricazione e l’uso di pietre scheggiate va attribuita anche agli antenati del genere Homo. In quell’epoca circolavano intorno al lago Turkana il Kenyantropo Platyops e l’Australopiteco Afarensis.[9]

L’Habilis ha un cervello mediamente di 600/650 cc., superiore a quello degli scimpanzé, 385 cc., e a quello degli australopitechi, 400/500 cc. Simile all’Habilis è Homo Rudolfensis, dal cervello leggermente più grande, 700cc., apparso molto più tardi intorno ai 2 milioni di anni fa nello stesso areale, ma la sua esistenza non va oltre i 3-400 mila anni e poi si estingue. Anche Homo Dmanisi, datato 1,8 milioni di anni fa, già uscito dall’Africa, presenta caratteristiche anatomiche miste tra Habilis e Erectus, ma con un cervello – 600 cc. – simile a quello dell’Habilis.

La selezione naturale non ha assegnato al genere Homo al suo apparire alcuna posizione di rilievo tra i mammiferi. Al contrario lo ha collocato in una Posizione Intermedia nella catena alimentare. 

Un onnivoro di taglia medio-piccola, alto da 110 a 140 centimetri, del peso di 30-40 kg, che si nutriva di vegetali, frutta e piccoli animali che riusciva ad afferrare, ma che soprattutto integrava la dieta con midollo, cervello e pezzetti di carne ottenuti spaccando e raschiando le ossa delle prede abbattute e spolpate dai grandi felini.[16] Studi approfonditi sui resti ossei di animali hanno mostrato la sovrapposizione di ferite inferte dai grandi predatori e di segni lasciati dall’attività di raschiamento con strumenti litici per ricavarne pezzetti di carne e grasso da parte dell’Habilis.[10]


Un animale insignificante

Il nuovo bipede aveva gambe relativamente corte e braccia lunghe che gli consentivano una rapida ascesa sulla cima degli alberi e agili movimenti tra i rami per sfuggire ai grandi predatori.[11]

Tra il Pliocene e il Pleistocene inferiore, l’epoca delle prime specie del genere Homo e dei suoi antenati Australopitechi, nel continente africano e in quello euro-asiatico si aggiravano tre generi di possenti felini, il Dinofelis, l’Homotherium e il Megantereon che tra le altre prede cacciavano anche i nostri antenati.

Nella grotta di Makapan in Sudafrica nel 1925 è stato trovato, insieme a numerose ossa di vari animali, il teschio di un Australopiteco. In un primo tempo si ipotizzò che quelle ossa di vari animali fossero il risultato dei pasti consumati nella grotta dall’Australopiteco. Data la grande quantità di ossa si parlò di “scimmia assassina”. Ma l’assenza di strumenti litici, un più accurato studio delle ossa e soprattutto la presenza di due fori nel cranio dell’Australopiteco fecero successivamente concludere ai paleoantropologi che i due fori corrispondevano ai due canini dell’antenato di un leopardo e che l’Australopiteco non era il cacciatore ma il cacciato. Un grosso felino lo aveva ucciso e trasportato nella grotta per nasconderlo alla vista di altri predatori e mangiarlo.[12] D’altronde pensare che un gruppo di Australopitechi potesse vivere in una grotta – e come lui l’Habilis – è una congettura altamente improbabile, una volta fiutati dai felini si sarebbero trovati in una trappola senza via di scampo. L’unico modo che gli Australopitechi e l’Habilis avevano per sfuggire ai felini era quello di arrampicarsi sulle cime degli alberi.

Oggi la sola antropomorfa non umana che dorme sul terreno è il maschio adulto di Gorilla. Abita nel folto della foresta, dove scarseggiano grandi predatori e soprattutto la sua mole è davvero notevole. Un maschio adulto è alto 185 cm e può pesare fino a 200 kg, troppo per un leopardo di 50-60 kg. Inoltre il maschio ha dei canini abbastanza sviluppati, tali da costituire un serio pericolo per un predatore. Tutte le altre passano la notte – quando iene e felini prediligono cacciare – sulle cime degli alberi ed è logico pensare che l’Habilis facesse altrettanto, viveva sul terreno, ma doveva avere sempre un albero a portata di mano.[13[1]]


Una nuova specie: l’Ergaster o Erectus africano

Tra 1,9 e 1,8 milioni di anni fa una nuova specie viene ad aggiungersi in Africa Orientale alle altre che a quel tempo già vi circolavano: due specie di Parantropi, almeno due di Australopitechi e due o forse tre del genere Homo.

L’Ergaster presenta caratteristiche anatomiche radicalmente diverse rispetto a quelle dell’Habilis.[14] Gli scheletri, i crani e le ossa varie ritrovate hanno consentito ai paleoantropologi di definire abbastanza bene le caratteristiche della nuova specie, che possiamo così riassumere:

1. Un cervello più grande, 900 cc mediamente; 

2. È alto 1,80 mt.; 

3. Ha braccia, in proporzione, meno lunghe dell’Habilis e gambe più sviluppate che gli consentono un’ottima locomozione, ma ha perso la capacità di arrampicarsi velocemente sugli alberi e di muoversi con scioltezza tra i rami; 

4. Il prognatismo si riduce e soprattutto ha denti più piccoli e l’intestino si è accorciato, segno inequivocabile di un radicale cambiamento nella dieta alimentare.

Se Ergaster e Erectus, l’uno trovato in Africa e l’altro in Estremo Oriente, siano la stessa specie o due distinte oppure il secondo discendente dell’altro è ancora materia di dibattito tra i paleoantropologi. Certo è che non  vi sono delle grandi differenze tra i due, ma solo “di dettaglio”[15]. Per quanto ci riguarda useremo qui sia il termine Ergaster che Erectus, intendendo l’Erectus africano com’è stato anche chiamato l’Ergaster.

Recenti ricerche condotte da due paleoantropologi dell’università australiana del Queensland, Kyra e Michael Westaway, ci dicono che l’Erectus asiatico si è estinto tra 108.000 e 117.000 anni fa. Il che ne fa la specie più longeva nel cespuglio degli umani.

In definitiva l’Ergaster o Erectus per le sue caratteristiche fisiche, per il suo vivere a terra è molto più simile al Sapiens attuale che non all’Habilis, al Rudolfensis o al Dmanisi, tant’è che alcuni paleoantropologi sono propensi a considerare l’inizio del genere Homo proprio con l’Ergaster e non più con l’Habilis. Quest’ultimo, tuttavia, è considerato dai più il progenitore degli umani essenzialmente per due caratteristiche: un cervello più grande di quello degli Australopitechi, nonché per la tecnologia olduvaiana, vale a dire la scheggiatura da un lato di pietre per raschiare pezzetti di carne o spaccare ossa e crani per mangiare midollo e cervello di prede spolpate dai grandi felini.

Non è chiaro al momento se l’Ergaster sia un discendente dell’Habilis o del Rudolfensis. Le trasformazioni che ha subìto potrebbero essere state innescate da cambiamenti climatici che portarono ad un ulteriore inaridimento dell’Africa 1,9 milioni di anni fa.[17]

Per Wrangham un ruolo fondamentale nella transizione lo ha giocato l’assunzione di una dieta a base di cibi cotti: tuberi, altri vegetali e carne. Con l’Ergaster o Erectus “….incontriamo la riduzione più significativa nelle dimensioni dei denti avvenuta negli ultimi sei milioni di anni dell’evoluzione umana, l’aumento più rilevante delle dimensioni corporee e la scomparsa di una serie di tratti che caratterizzavano spalle, braccia, tronco e che chiaramente servivano agli Habiles ad arrampicarsi con facilità. Inoltre ….l’Erectus aveva una gabbia toracica meno svasata e un bacino più stretto, caratteristiche, queste, che indicano la presenza di un apparato digerente più piccolo”[18].

Va tenuto presente, come ricorda Wrangham, che i cambiamenti nella dieta possono determinare cambiamenti nell’anatomia di una specie molto rapidamente. Gli studi condotti negli anni ‘80 sui fringuelli delle Galapagos da Peter e Rosemary Grant ne danno conferma. “Altri dati ci dicono che se una trasformazione ambientale è permanente anche le specie mutano in modo permanente e anche in questo caso si tratta di una trasformazione rapida….Secondo il biologo evoluzionista Stephen J. Gould …. Il tempo medio necessario a una specie per completare una trasformazione evolutiva [è] tra i 15.000 e 20.000 anni”.[19]

In sintesi, per Wrangham, denti piccoli e intestino corto sono le prove inequivocabili dell’assunzione di una dieta a base di cibi cotti. Ma per poter cuocere il cibo era necessario il pieno controllo del fuoco.

Le prove archeologiche sull’uso del fuoco non vanno oltre 1,5 milioni di anni fa, ritrovate nella grotta di Swartkrans, in Sudafrica. Ma, come ci avverte Wrangham, le prove archeologiche possono essere state cancellate dagli eventi atmosferici, dai crolli delle grotte oppure, aggiungo, non le abbiamo ancora trovate.[20] Tuttavia la prova più importante sull’uso del fuoco ci è data dai cambiamenti anatomici innescati dall’adozione di una dieta fatta prevalentemente di cibi cotti. Pertanto l’uso attivo del fuoco va retrodatato ad almeno 1,9 - 1,8 milioni di anni fa.

Anche l’Habilis doveva avere una certa familiarità con il fuoco. Molte specie vanno a rovistare tra i residui di un incendio in cerca di cibo. Negli ultimi anni poi, è stato osservato e studiato in Australia il comportamento di alcuni rapaci, nibbi e falchi, che prelevavano dei rametti incendiati e li lasciavano cadere in altre parti sull’erba secca per estendere gli incendi in modo da stanare piccoli animali da cacciare. C’è stato chi ha osservato questi uccelli all’opera per far superare una barriera all’incendio rappresentata da un fiume.

Ma fin qui siamo ad un uso passivo del fuoco. Anche un Habilis o Rudolfensis poteva andare a rovistare tra i residui di un incendio in cerca di semi e tuberi cotti e animaletti abbrustoliti potendo così apprezzare, seppur occasionalmente, i cibi cotti; e magari trasportare qualche ramo bruciacchiato da altre parti per estendere un incendio scoppiato naturalmente. 

Altra cosa è portarsi via dei carboni ardenti per riavviare il fuoco nell’insediamento, tenerlo sotto controllo, alimentarlo e soprattutto proteggerlo dall’acqua nella stagione delle piogge.

Johan Goudsblom avverte che su come possa essersi svolta la transizione all’uso attivo del fuoco si possono fare “solo dotte congetture[21].  Vale a dire, di preciso  non lo sappiamo.


Bifacciale
Due innovazioni culturali: l’ascia a mano e il controllo del fuoco

L’Ergaster continua ad utilizzare la tecnologia olduvaiana, migliorandone la fattura, ma introduce due importantissime innovazioni: l’ascia a mano e l’uso del fuoco.

1.    L’Ascia a Mano o bifacciale è una grossa pietra piatta scheggiata simmetricamente sui due lati, appuntita alla base, arrotondata nella parte superiore, che poteva essere impugnata nella mano. Con uno strumento del genere, detto anche amigdala per la sua somiglianza con una mandorla, si poteva scavare più facilmente nel terreno in cerca di tuberi oppure poteva consentire ad un gruppo di cacciatori di tendere un agguato a un erbivoro di taglia medio-piccola, circondarlo e abbatterlo con le proprie mani che impugnavano una bifacciale. In altre parole l’Ergaster si era dotato di un potente artiglio che la selezione naturale non gli aveva fornito e che gli consentì di avere a disposizione una maggiore quantità di carne nella sua dieta onnivora. Va comunque tenuto presente che al momento i più antichi ritrovamenti archeologici di bifacciali risalgono a 1,5 milioni di anni fa. Per quanto ne sappiamo oggi per almeno 300 mila anni l’Erectus potrebbe aver usato solo la tecnologia olduvaiana.

2. Il Fuoco  rappresenta una ancor più importante innovazione introdotta che marca il primo vero distacco degli umani da tutti gli altri animali. 

Per Michael Chazan, archeologo dell’Università di Toronto, “Il controllo del fuoco è stato un punto di svolta nell’evoluzione umana. L’impatto della cottura degli alimenti è ben documentato, ma l’impatto sul controllo sul fuoco potrebbe aver toccato tutti gli elementi della società umana”.[22]

Infatti, la “domesticazione” del fuoco innesca una serie di effetti a cascata che determineranno il grande successo dell’Ergaster-Erectus.


La cottura del cibo rende gli alimenti più facilmente masticabili, digeribili e con una maggiore resa energetica. Diminuisce, quindi, il tempo da dedicare al mangiare e al digerire gli alimenti e aumenta quello dedicabile ad altre attività. Il Gorilla, che ha una dieta quasi esclusivamente vegetariana, fatta eccezione per qualche verme o altro insetto che gli capita sottomano, passa l’intera giornata a masticare foglie e a digerirle. In un esperimento a scopo medico, citato da Wrangham[23], un gruppo di 12 persone in Australia fu sottoposto ad una dieta esclusivamente vegetariana cruda. Per saziarsi erano costretti ad ingerire fino a 5 kg di frutta e verdure e, alla fine della settimana e mezza, si accertò che erano dimagriti in media di 4,4 kg ciascuno, nonostante i dietologi avessero calcolato una dieta di 2000 calorie per le donne e 2300 per gli uomini. Il vantaggio di una dieta a base di cibi cotti è innegabile.

2° La difesa dai predatori. Al calar della notte l’Habilis era costretto a salire in alto tra i rami di un albero per difendersi dai predatori. Anche un leopardo è in grado di salire velocemente su un albero ma non ha l’agilità di un Australopiteco o Habilis di muoversi tra i rami, come fanno oggi i Babbuini, che per sfuggire ai leopardi si spostano sui rami più alti degli alberi non raggiungibili dal predatore. 
    L’Erectus vive e dorme a terra accanto ai falò. Il fuoco spaventa tutti gli animali, predatori affamati compresi. Nel caso, questi ultimi potevano essere allontanati con il lancio di tizzoni ardenti.
    La necessità di preservare il fuoco nella stagione delle piogge può aver incentivato l’Ergaster ad occupare le grotte. Oggi i leopardi per sottrarre le loro prede ai leoni e alle iene le trascinano sui rami di un albero. Nel passato, come dimostra la grotta di Makapan prima citata, usavano anche le grotte. Nel continente euroasiatico le grotte erano occupate dagli orsi e dai leoni delle caverne. Per l’Habilis vivere in una grotta rappresentava un pericolo mortale, per l’Erectus no, un fuoco acceso nei pressi dell’entrata teneva lontani i predatori. 
    D’altra parte, abbattere anche una piccola antilope, che verosimilmente era già nelle capacità dell’Erectus, non aveva alcun senso se non si fosse stati in grado di tenere a bada i grandi predatori, iene, canidi e felini. Questi, avvisati dal fiuto o dal volteggiare degli uccelli necrofagi sul luogo di un episodio di morte, si sarebbero presto presentati sul posto. Pertanto, macellazione e consumo della carne poteva avvenire solo in un insediamento con falò accesi.

 La socialità. Il non dover dedicare quasi tutta la giornata a mangiare e digerire, come le altre antropomorfe, libera tempo per sviluppare relazioni sociali all’interno di un gruppo. Inoltre, la sera al sicuro intorno al fuoco, le comunicazioni vengono fortemente sollecitate e questo non può non aver influito sullo sviluppo del linguaggio, che rappresenta un elemento fondamentale del successo del genere Homo e che sembra abbia influito sullo sviluppo stesso del cervello.

4° La divisione del lavoro. Accanto all’originaria divisione del lavoro: caccia, raccolta di vegetali e custodia dei piccoli, se ne aggiunge un’altra, la cura del fuoco che richiede, oltre alla raccolta della legna, una costante alimentazione e sorveglianza.

 Il processo di encefalizzazione. Il cervello è un organo particolarmente costoso in termini energetici. È stato calcolato che esso rappresenta solo il 2% del peso medio di un umano eppure consuma il 20% dell’energia assorbita dal cibo.
    Il quoziente encefalico, cioè il rapporto tra cervello e massa corporea, è iniziato a crescere rispetto alle antropomorfe già con gli australopitechi, per proseguire con l’Habilis e il Rudolfensis e poi con l’Erectus. Gli esemplari meno antichi ritrovati di questi ultimi superavano perfino i 1000 cc di volume celebrale. Con il Sapiens siamo ai 1300 cc, più di tre volte il cervello degli scimpanzé e dei gorilla. Cosa abbia dato impulso a questo sviluppo del cervello degli umani non lo sappiamo, sono state avanzate molte teorie, ma nessuna fino ad ora è risultata pienamente convincente, tuttavia, una cosa è certa, per supportare un tale sviluppo negli ultimi tre milioni di anni è stata necessaria una dieta sempre più ricca energeticamente.
    Per il biologo antropologo Robert D. Martin: ”In definitiva, parlando di capacità cerebrale umana, si osserva che il fattore determinante per le dimensioni del cervello è l’apporto di energia necessaria per il suo sviluppo e funzionamento.[24]
    Con la cottura del cibo e un maggior consumo di carne introdotti dall’Erectus si realizza un passo decisivo di efficientamento alimentare che costituisce la base materiale dell’ulteriore processo di encefalizzazione degli umani.

 La planetarizzazione. Eccetto Homo Dmanisi, ritrovato in Georgia, 1,8 milioni di anni fa, simile per volume cerebrale all’Habilis, non si hanno prove al momento di altre presenze di umani fuori dall’Africa. Con l’Erectus le cose cambiano e l’intera fascia temperata dell’Eurasia è colonizzata. Dopo l’Erectus altre due specie originarie dell’Africa lo seguiranno: probabilmente Homo Antecessor, 1,2 milioni di anni fa, e di sicuro Homo Heidelbergensis, 600.000 anni fa. Quest’ultimo è il probabile progenitore del Neanderthal in Europa, del Rodesiensis e del Sapiens in Africa nonché del Denisova in Asia centro occidentale.
    Tutte le specie vegetali e animali tendono a espandersi dal loro areale originario e a saturare lo spazio ecologico disponibile. Questa espansione può essere arrestata da barriere naturali e dall’arrivo in areali radicalmente diversi da quello originario, che per poter essere occupati richiedono nuovi adattamenti. Così, ad esempio, è praticamente impossibile per un branco di leoni della savana vivere nel rigido clima della Siberia, ma non lo è per la tigre, detta appunto siberiana, né lo era per il leone delle caverne che si era adattato al clima freddo della steppa, e che si è estinto 11000 anni fa. Il leopardo delle nevi, sull’orlo dell’estinzione, non riuscirebbe a prosperare nella savana africana. Stiamo parlando di specie della sottofamiglia dei Panterini.
    10,8 milioni di anni fa un membro della famiglia dei Felidi diede origine a una nuova linea evolutiva, quella della sottofamiglia dei Panterini, rappresentati oggi da leoni, tigri, leopardi, giaguari e leopardi delle nevi.
    Nella sua diffusione sul pianeta la nuova linea evolutiva andò diversificandosi in più specie che si adattarono a condizioni ambientali molto diverse dall’areale originario. Il processo di adattamento e speciazione è durato una decina di milioni di anni.
    Per l’Ergaster - Erectus originario della “savana alberata” dell’Africa orientale e/o meridionale, l’espansione in Africa e nell’Eurasia è stata rapidissima. Verosimilmente in meno di 100 mila anni raggiunse la Cina e Giava, dove la sua più antica presenza è attestata a 1,8/1,7 milioni di anni fa. 
    Ancor più veloce è stata poi la diffusione planetaria del Sapiens, dopo la sua seconda uscita dall’Africa intorno ai 70 mila anni fa; la sua presenza è attestata intorno ai 50 mila anni fa, nella Siberia settentrionale, nella fascia subartica, e in Australia.
    Le differenze somatiche tra i Watussi, longilinei e dalla pelle nera, e gli Eschimesi, brevilinei e dalla pelle chiara, rappresentano forme di adattamento a climi radicalmente diversi. Tuttavia, la “scimmia nuda”, per dirla con Desmond Morris, anche se con una forma corporea tozza come quella degli eschimesi, funzionale a ridurre la dispersione del calore corporeo, non sarebbe comunque sopravvissuta alla latitudine di 72° gradi nord per più di 15 minuti. Inseguire e uccidere un Mammut alla foce dello Yenisei, sulla riva dell’oceano artico, come ritrovamenti archeologici attestano, è stato possibile perché ha utilizzato forme di adattamento ambientale di natura culturale. Vale a dire si è coperto con pellicce ricavate da animali predati. “La cultura può essere considerata un meccanismo di adattamento all’ambiente straordinariamente efficiente”.[25] Ed è questa capacità che ha consentito agli umani di occupare l’intero pianeta, fatta eccezione per alcune aree estreme, come il cuore del deserto di Atacama o l’Antartide.

        In conclusione, l’insieme delle modifiche conseguenti alla “domesticazione” del fuoco segnano il primo vero distacco degli umani da tutte le altre specie di animali, modificandone la posizione nella catena alimentare. Per lo storico israeliano Noah Y. Harari, il passaggio al top della catena alimentare sarebbe avvenuto intorno ai 100.000 anni fa, con il Sapiens. Ma non spiega in nessun modo perché avvenne proprio 100.000 anni fa, né cosa abbia consentito al Sapiens, che già esisteva da 150-200 mila anni prima, il salto qualitativo.[26]
    L’Ergaster – Erectus, con la sua capacità difensiva acquisita con una innovazione culturale, il controllo del fuoco, non è più vittima passiva dei grandi felini, ma in grado di fronteggiarli e tenerli a bada. Si è, in altri termini, spostato nella catena alimentare, posizionandosi al top. Viene alterato in tal modo uno dei sei punti base del meccanismo selettivo, citati all’inizio, quello relativo alla competizione interspecifica per le risorse. L’Erectus diminuisce la probabilità di essere predato e aumenta quella di predare, ne consegue un differenziale riproduttivo vantaggioso per la specie.
    Questa nuova collocazione ha effetti significativi non solo per i grandi predatori del Pleistocene, ma anche e soprattutto per gli erbivori di grossa taglia. Per R. G. Klein “…la comparsa di Homo potrebbe essere responsabile almeno in parte della diminuzione di specie di carnivori africani dopo due milioni di anni fa.[27] Via via che l’Erectus si espande, e si affinano le sue tecniche di caccia, e nuove specie di umani appaiono, dall’Antecessor al Sapiens, si avrà un vero e proprio sconvolgimento dei vari ecosistemi e relative catene alimentari. Prima ancora della rivoluzione agricola svariate centinaia di specie di mammiferi di grossa taglia, superiori ai 40/50 Kg., spariranno e gli stessi possenti predatori del Pleistocene saranno via via confinati in aree sempre più ristrette.
    Certo, si potrebbe obiettare che tutto questo è alla fin fine sempre conseguenza dei processi della selezione naturale, ma resta il fatto che la nuova posizione dell’Ergaster nella catena alimentare, frutto di una innovazione culturale, ha in una certa misura modificato l’agire dei meccanismi selettivi nei suoi confronti e ne ha fatto una specie di successo che già 1,8 milioni di anni fa gli ha consentito di espandersi dall’areale originario verso altri ecosistemi.
    Cosa saremmo oggi se l’Erectus africano non avesse trovato il modo, mediante il fuoco, di tenere a bada i grandi predatori è impossibile saperlo; possiamo solo provare ad immaginare che rimanendo in una posizione intermedia nella catena alimentare gli umani sarebbero rimasti confinati in aree marginali del pianeta, permanentemente terrorizzati dall’arrivo di un predatore, come le altre antropomorfe, e pronti a scappare sulla cima di un albero. 
    Con la rivoluzione del fuoco, gli umani hanno parzialmente modificato a proprio vantaggio il rapporto con il meccanismo della selezione naturale.
    Altri due rivoluzioni del passato, agricoltura e industria, hanno modificato questo rapporto e l’ultima, appena avviata, quella delle biotecnologie, potrà addirittura rovesciarlo, ma di questo parleremo nei prossimi articoli.

LINEE EVOLUTIVE DELLE SCIMMIE ANTROPOMORFE

*  I numeri a destra indicano la data stimata in milioni di anni della separazione



LEGENDA:

1 – 6,8 milioni di anni fa è il periodo di divaricazione nella tribù degli Hominini delle due linee evolutive

2 – I numeri ai lati dei generi indicano la comparsa (a sinistra) e l’estinzione (a destra)

3 – I numeri tra parentesi indicano le specie conosciute appartenenti a quel genere.








Bibliografia
1.    Erwin Schrödinger, “L’immagine del mondo”, Bollati Boringhieri,1958, pp. 171-285
2.    Una efficace e semplice descrizione del meccanismo detto selezione naturale la si può trovare in: Robert Foley, “Gli umani prima dell’umanità”, Ed. Riuniti, 1999, pp. 41-45. Per un approfondimento dei meccanismi connessi all’evoluzione delle specie si veda Jacques Monod, “Il caso e la necessità”, Mondadori 1970, pp 110-119. Per una rapida analisi della teoria evoluzionistica da Darwin a N. Eldredge e S. J. Gould vedasi: Gianfranco Biondi, Olga Rickards, “Uomini per caso”, Ed. Riuniti, 2003, pp 26-32.
3.    Telmo Pievani, “Homo Sapiens e altre catastrofi”, Meltemi, 2018, pp. 36-37.
4.    C. Darwin, “L’origine delle specie”, Edizione La biblioteca di Repubblica - L’Espresso, 1986, pp. 88-90.
5.    Citazione di Darwin riportata da Edward O. Wilson, “Le origini profonde delle società umane”, R. Cortina Editore, 2020, pag 16.
6.    E.O. Wilson, cit., pag. 8.
7.    Maynard Smith, “Teoria dell’evoluzione”, New Compton Editori, 1976, pp. 38-39, cap. 10, pp. 147-163.
8.    Gianfranco Biondi, Olga Rickards, “Uomini per caso”, op. cit., pp.267-268.
9.    T. Pievani, op. cit., pag. 116.
10.    Craig B. Stanford, “Scimmie cacciatrici”, Longanesi, 2001, pag 116.
11.    Per le caratteristiche anatomiche dell’Habilis si veda T. Pievani, op. cit., pp.116-120.
12.    Richard G. Klein, “Il cammino dell’uomo”, Zanichelli, 1995, pag.134. Si veda anche Robert J. Blumenschine e John A. Cavallo, “Comportamento alimentare ed evoluzione umana”, in Le Scienze Quaderni n. 113 Aprile 2000, pp. 46-53.
13.    Wrangham Richard, “L’intelligenza del fuoco”, Bollati Boringhieri, 2011, pag 115
14.    Per le caratteristiche anatomiche dell’Ergaster-Erectus si veda T. Pievani, op. cit., pp.138-140.
15.    Si veda in proposito Giorgio Manzi, “L’evoluzione umana”, il Mulino, 2007, pp.85-87
16.    Si veda in proposito Gianfranco Biondi Olga Rickards, “Quale antenato?”, in Le Scienze n. 421, Settembre 2003, pp 30-35
17.    T. Pievani, op. cit., pag 139.
18.    R. Wrangham, op. cit., pag. 113.
19.    R. Wrangham, cit., pp. 107-108.
20.    R. Wrangham, cit., pp. 97-98
21.    Johan Goudsblom, “Fuoco e civiltà”, Donzelli Editore, 1996, pp. 6-12.
22.    Citazione di Michael Chazan riportata a pag. 3 dell’articolo “La scoperta del fuoco nel Paleolitico”, in https://www.focusuniverse.com/la-scoperta-del-fuoco-nel-paleolitico/
23.    R. Wrangham, op. cit., pag. 24.
24.    Robert D. Martin, “Dimensioni del cervello ed evoluzione umana” in Le Scienze, n.113, Aprile 2000, pag. 61
25.    Luigi Luca Cavalli Sforza, “L’evoluzione della cultura”, Codice Edizioni, Torino, 2004, pag. 77.
26.    Noah Yuval Harari, “Sapiens da animali a Dèi”, Bompiani, 2014, pag. 21 (edizione Israeliana 2011)
27.    R. G. Klein, op. cit., pag. 141





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