1 mar 2013

Perche’ Bersani deve Dimettersi

Il primo segnale per una strategia di salvezza del PD e dell’Italia
di Ugo Di Girolamo

Proviamo a immaginare quale sarebbe stato il risultato elettorale  SE ...
 1°- nel quinquennio 1996/2001 il centro sinistra avesse fatto una legge anticorruzione, invece di prendere in giro gli italiani facendo finta di volerla fare e lasciando inapprovati 21 dei 22 provvedimenti di legge anticorruzione proposti da due apposite commissioni parlamentari;
 2°- se, sempre nello stesso quinquennio, fosse stata approvata una seria legge sul conflitto d'interessi;
 3°- se nel 1999, con D'Alema presidente, fossero state recepite nella nostra legislazione le norme della Convenzione di Strasburgo sulla lotta alla corruzione;
 4°- se nell'anno e mezzo del secondo governo Prodi fossero state eliminate il "Porcellum", la ex-Cirielli e il falso in bilancio;
 5°- se avessero dato retta ai due parlamentari di sinistra Salvi e Villoni che con il saggio "Il costo della democrazia" sollevarono la questione degli sperperi della politica, ripresi nel 2007 da Rizzo e Stella con il saggio "La casta";
 6°- se alle primarie del PD gli elettori avessero scelto di rinnovare un gruppo dirigente compromesso da un ventennio di errori e sconfitte, affidandosi ad una leadership nuova, giovane e in grado di parlare un linguaggio comprensibile a tutti e non nel politichese stretto di Bersani.
Se tutto questo fosse accaduto oggi non staremmo a parlare di Grillo, ma del totoministri.

 Il PD si è presentato in campagna elettorale dicendo di voler fare tutte quelle cose non fatte precedentemente (anticorruzione, legge elettorale, conflitto d'interesse, norme anticasta, ...), ma vi si è presentato con le stesse facce che quelle cose in passato - pur avendo potuto - non hanno fatto: Bersani e compagni, ovviamente nessuno gli ha creduto.

 Oggi il PD è giunto ad un punto cruciale della sua storia e rischia la catastrofe definitiva. Berlusconi si offre per un accordo, Grillo lo spinge in quella direzione, D'Alema si agita per inseguire il suo sogno personale, ma se il PD cade nella trappola degli accordi con Berlusconi - comunque camuffati - si va alla definitiva catastrofe, aiutati anche dalla più grave crisi economica dalla seconda guerra mondiale.
  L'accordo con M5s per un governo di legislatura è impossibile. M5s è una forza politica eversiva, nel senso che vuole sostituire la democrazia rappresentativa con la democrazia diretta.
 Siamo quindi destinati a ritornare anzitempo alle elezioni.
 Ma il ritorno immediato alle urne, oltre che tecnicamente impossibile in quanto bisogna eleggere prima il presidente della repubblica, consegnerebbe il Paese nella mani della ditta Grillo - Casaleggio.
 Il PD ha una unica opzione valida: costringere M5s al confronto su un gruppo di norme di riforma comuni ai due programmi, depotenziando in tal modo gran parte della rabbia anticasta degli italiani (e non solo dei grillini) per poi tornare al voto ponendo agli italiani l'alternativa tra un governo che porti l'Italia fuori dalla crisi strutturale, salvando il Paese dal baratro nel quale lo ha condotto Berlusconi, oppure la democrazia diretta e l'uscita dall'euro di Grillo, che sarebbe un altro disastro.
 Condizione imprescindibile per questa strategia di salvezza del PD e dell'Italia è naturalmente il rinnovamento del gruppo dirigente.
 Pensare che un leader come Bersani, già sconfitto da Berlusconi e Grillo, nonché incapace di comunicare se non in politichese stretto, possa guidare una tale partita è davvero da folli.
 Del resto, una delle caratteristiche del comportamento da casta dei politici italiani è il rifiuto delle responsabilità per i propri atti. Il primo segnale da dare è quindi che  Bersani si dimetta.

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